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FORMULA1

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FORMULA 1 CAMPIONATO 2009 

 

ANNO

VINCITORE

PILOTA

 PAESE

1950

Giuseppe Farina

1951

Juan Manuel Fangio

1952

Alberto Ascari

1953

Alberto Ascari

1954

Juan Manuel Fangio

1955

Juan Manuel Fangio

1956

Juan Manuel Fangio

1957

Juan Manuel Fangio

1958

Mike Hawthorn

1959

Jack Brabham

1960

Jack Brabham

1961

Phil Hill

1962

Graham Hill

1963

Jim Clark

1964

John Surtees

1965

Jim Clark

1966

Jack Brabham

1967

Denny Hulme

1968

Graham Hill

1969

Jackie Stewart

1970

Jochen Rindt

1971

Jackie Stewart

1972

Emerson Fittipaldi

1973

Jackie Stewart

1974

Emerson Fittipaldi

1975

Niki Lauda

1976

James Hunt

1977

Niki Lauda

1978

Mario Andretti

1979

Jody Scheckter

1980

Alan Jones

1981

Nelson Piquet

1982

Keke Rosberg

1983

Nelson Piquet

1984

Niki Lauda

1985

Alain Prost

1986

Alain Prost

1987

Nelson Piquet

1988

Ayrton Senna

1989

Alain Prost

1990

Ayrton Senna

1991

Ayrton Senna

1992

Nigel Mansell

1993

Alain Prost

1994

Michael Schumacher

1995

Michael Schumacher

1996

Damon Hill

1997

Jacques Villeneuve

1998

Mika Hakkinen

1999

Mika Hakkinen

2000

Michael Schumacher

2001

Michael Schumacher

2002

Michael Schumacher

2003

Michael Schumacher

2004

Michael Schumacher

2005

Fernando Alonso

2006

Fernando Alonso

 

2007

 

Kimi Raikkonen

 

2008

 

Lewis
Hamilton

ANNO

MARCHIO

 PAESE

1950

1951

1952

1953

1954

1955

1956

1957

1958

1959

1960

1961

1962

1963

1964

1965

1966

1967

1968

1969

1970

1971

1972

1973

1974

1975

1976

1977

1978

1979

1980

1981

1982

1983

1984

1985

1986

1987

1988

1989

1990

1991

1992

1993

1994

1995

1996

1997

1998

1999

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

2008

 

Enzo Ferrari

Cav. Enzo Anselmo Ferrari OMRI (Modena, 18 febbraio 1898 – Maranello, 14 agosto 1988) fu un pilota automobilistico e imprenditore italiano, fondatore della casa automobilistica che porta il suo nome, la cui sezione sportiva, la Scuderia Ferrari, conquistò, lui vivente, 9 campionati del mondo piloti di Formula 1 e 15 totali.Enzo Ferrari nacque a Modena il 18 febbraio 1898 ma, a seguito di un'intensa bufera di neve che bloccò tutte le strade, la sua nascita fu registrata dal padre Alfredo con due giorni di ritardo. La famiglia Ferrari sperava in una figlia femmina, visto che l'erede designato era il primogenito Alfredo Junior detto Dino. La madre Adalgisa Bisbini era originaria di Forlì, mentre il padre Alfredo era di Carpi in provincia di Modena. Enzo Ferrari era un ragazzo come molti altri, il suo sport preferito fu l’atletica leggera, poi passò al tiro a segno e successivamente alla scherma ed al pattinaggio, ma  a sconvolgere tutti gli equilibri familiari fu l’improvvisa morte del padre per una polmonite nel 1926, e lo stesso anno anche il fratello Dino perse la vita a causa di una grave infezione contratta durante il servizio militare. Da quel momento Enzo imparò a cavarsela da solo ed anche a fare i conti con la solitudine. Da ragazzo  Nel 1917 partì per fare il soldato e fu assegnato alla terza artiglieria di Mantova e qui cominciò a mettere a frutto la sua grande passione: quella per i motori. Purtroppo la sua permanenza in città fu molto breve in quanto contrasse la stessa infezione di suo fratello ma, dopo due interventi chirurgici, riuscì a salvarsi e fu in grado di cercarsi un lavoro. Durante l’inverno del 1918 decise di recarsi a Torino per cercare un lavoro presso la FIAT, ottenendo un rifiuto; e fu solo grazie al suo impegno, che riuscì a trovare un modesto impiego presso un'officina nella quale venivano trasformati autocarri leggeri in autotelai da carrozze. Il compito di Ferrari era quello di provarli e consegnarli alla carrozzeria Italo-Argentina di Milano. Fu proprio nella capitale lombarda che conobbe Ugo Sivocci, un ragazzo che lavorava alla CMN (Costruzioni Meccaniche Nazionali) e ben presto, i due divennero amici inseparabili. Ferrari passò a lavorare alla CMN divenendone il collaudatore ufficiale, ma lasciò anche questo posto per approdare, nel 1919, all'alfa. Cominciò anche a correre ma con scarso successo. Nel 1920 iniziò a correre con l'Alfa Romeo, che all'epoca era un club per gentlemen driver. Correndo a Ravenna, nel 1923, la madre di Francesco Baracca, contessa Paolina Biancoli, gli consegnò il simbolo che il leggendario aviatore portava sulla carlinga: un cavallino rampante e gli disse: «Ferrari, metta sulle sue macchine il cavallino rampante del mio figliolo. Le porterà fortuna». Solo nel 1932 questo simbolo apparirà sulla carrozzeria delle sue vetture. Nel 1924 Enzo Ferrari vinse la coppa Acerbo a Pescara, vinse nel circuito del Polesine e al circuito del Savio e dedicò tutte e tre le sue vittorie a Sivucci morto l’anno precedente sul circuito di Monza. Dirà in seguito: "Tra tutte le gare alle quali ho partecipato, ricordo con particolare soddisfazione la mia vittoria a Pescara nel 1924 con una Alfa Romeo RL. Con questa vettura avevo già vinto a Ravenna sulla pista di Savio ed a Rovigo sulla pista del Polesine, ma è stato alla Coppa Acerbo che è iniziata la mia fama come pilota. Fui infatti in grado di battere le Mercedes che arrivavano dal successo alla Targa Florio".
Non corse molte altre gare, ma il primo passo verso un rafforzamento del reparto corse della fabbrica milanese fu il trasferimento dalla Fiat all’Alfa Romeo di Luigi Bazzi, un preziosissimo tecnico che Ferrari definiva “autentico talento”. E fu sempre Ferrari a sollecitare un altro rapimento di tutto rispetto: quello di Vittorio Jano che lavorava alla Fiat.
Resterà per sempre un mistero, in quanto Ferrari negli anni seguenti non volle mai sollevare il velo su tale episodio, la sua rinuncia al GP d'Europa del 1924 a Lione, ufficialmente per motivi di salute, in cui avrebbe dovuto confrontarsi con Ascari, Campari e Wagner, gli altri tre piloti che portavano in gara vetture Alfa Romeo ufficiali. Competizione di rilievo internazionale che gli offriva la possibilità di affermarsi definitivamente come pilota automobilistico e certamente la più importante tra quelle a cui ebbe modo di partecipare. Il 18 luglio 1924 partecipa al primo giorno di prove del Gran Premio d'Europa poi rientra in Italia senza disputare la corsa. Al suo rientro alle competizioni, nel 1927, prese parte solo a gare di rilievo locale.
Passarono gli anni e divenne sempre più forte la sua posizione di manager e non più di pilota-meccanico e, nel contempo, aumentava la sua diffidenza e il suo punzecchiare i propri piloti al fine di portarli a dare il massimo.divenne essenzialmente ciò che oggi si direbbe un team manager con l'Alfa Romeo e la collaborazione si protrasse fino al 1929, anno in cui nacque la Scuderia Ferrari come squadra corse dell'Alfa stessa.Ferrari gestiva lo sviluppo delle vetture Alfa, e costruì un team di oltre 40 piloti, tra cui Alberto Ascari, Giuseppe Campari e Tazio Nuvolari.
Lo scudetto della casa è giallo sovrastato dal tricolore e con al centro un cavallo nero rampante. Molti ormai sanno che il cavallo è lo stesso che il nostro eroe e asso dell’aviazione Francesco Baracca usava sulla carlinga del suo aereo durante la I Guerra Mondiale. Alla caduta dello stesso, la madre volle donare questo emblema a Enzo Ferrari che si affezionò allo stesso usandolo appunto come proprio stemma. Il fatto, invece, meno noto è il campo giallo dello scudo: le ragioni sono legate al fatto che il colore di Modena (dove il commendatore era nato) è appunto il giallo.
La carriera di Enzo si concluse nel 1931 con l'arrivo del suo primo figlio Dino di cui ebbe a dire: "Quando la vita mi mise di fronte al fatto compiuto, a mio figlio, fui indotto alla meditazione. Mio figlio poteva contare su un modesto benessere, frutto della mia complessa attività. Ma mio figlio aveva il diritto di aspettarsi da me anche altro".
Il suo amore e allo stesso tempo la sua paura per la velocità lo portarono lontano dalle piste, fuori dalle auto, tranne che In una occasione Ferrari è il passeggero del grande Nuvolari. Alla gara sul circuito delle Tre Province Nuvolari è in difficoltà perché non conosce il circuito. Chiede quindi a Ferrari di accompagnarlo come copilota, e questi accetta. Quello che segue è il suo resoconto. "Alla prima curva abbi la netta sensazione che Tazio l’avesse presa male e che saremmo finiti nel fosso. Mi irrigidii ed aspettai lo schianto. Incredibilmente ci trovammo oltre la curva con la vettura perfettamente in carreggiata. Lo guardai. Il suo volto duro era calmo, come sempre, e certamente non aveva la faccia di qualcuno che ha appena preso una paura da far rizzare i capelli. Ebbi la stessa sensazione alla seconda curva. Verso la quarta o quinta curva cominciai a capire. La prima cosa che notai fu che, per tutta la percorrenza della curva, Tazio non staccava mai il piede dall’acceleratore che rimaneva sempre a tavoletta. Curva dopo curva, scoprii il suo segreto: Nuvolari impostava la curva prima di quanto non avessi fatto io secondo il mio stile di guida; la differenza era che entrava in curva in maniera proprio totalmente diversa da chiunque altro io abbia mai visto. Con un movimento allineava il muso della vettura al cordolo interno, proprio dove iniziava la curva. Il suo piede rimaneva comunque giù e lui scalava nella marcia giusta per avere il massimo dell’accelerazione. In questo modo dava alla vettura la direzione con tutte e quattro le ruote sfruttando come accelerazione, oltre a quella delle ruote motrici, anche la forza centrifuga. Durante la curva la vettura sfiorava il bordo interno e, al termine, la vettura era già dritta e pronta a sfruttare al massimo l’accelerazione del motore, senza bisogno di nessuna correzione."
Ferrari ammettè onestamente di aver provato questa tecnica, dopo averla vista fare da Nuvolari innumerevoli volte, "ma ogni volta che entravo in una curva mi sembrava di salire sulle montagne russe."
Dopo di lui, nessuno portò più il Drake su una macchina e si successero moltissimi piloti, legati tutti tra loro da disastri e morti che si trascinava dietro, dentro di se, anche la parte da uomo, quella umana, quella che nascondeva gli occhi tristi per il dolore dietro a dei grandi occhiali da sole, anche il signor Ferrari soffriva la perdita dei suoi piloti come, e avolte più, dei loro stessi parenti.
Ferrari stesso continuò a correre fino alla nascita, nel 1932, del figlio Alfredo, detto Dino, che morì nel 1956 di distrofia muscolare. In seguito ebbe un altro figlio, Piero, nato nel 1944 da Lina Lardi.La crisi economica nel 1933 portò l'Alfa Romeo a ritirarsi fino al 1937; nel 1935 firma per la Scuderia Ferrari il pilota francese Rene Dreyfus che prima guidava per la Bugatti. Egli è colpito dalla differenza tra il suo vecchio team e la Scuderia Ferrari e ne parla così: "La differenza tra il far parte del team Bugatti rispetto alla Scuderia Ferrari è come tra il giorno e la notte. Con Ferrari ho imparato l'arte degli affari nelle corse, perché non c'è dubbio che Ferrari è un grandissimo affarista. Enzo Ferrari ama le corse, su questo non ci piove. Ciononostante riesce a stemperare tutto per la persecuzione del suo fine che è quello di costruire un impero finanziario. Io sono sicuro che un giorno diventerà un grand'uomo, anche se le vetture che dovesse mandare in pista un giorno non portassero più il suo nome".
Poco dopo Ferrari si ritirò e creò l'Auro Avio Costruzioni (AAC) con sede a Modena. A causa della guerra, per paura dei bombardamenti, nel 1943 Enzo Ferrari trasferì l' AAC nel suo nuovo stabilimento di Maranello. Dopo la guerra Ferrari creò la "La Scuderia Ferrari", la sezione sportiva della Casa automobilistica Ferrari, che era esistente fin dal 1930 ma che fu costituita in ragione sociale dal 1947, e che è attualmente la più nota squadra del mondo automobilistico sportivo.La prima gara disputata fu il Gran Premio di Monaco nel 1947 (non esisteva ancora la Formula 1 che nacque nel 1950). La prima vittoria in F1 fu il Gran Premio di Gran Bretagna del 1951. Il primo titolo mondiale di F1 giunse nel 1952 con Ascari.
Parlando di Ferrari si associa subito il colore rosso.per il fatto che è il colore ufficiale dell’Italia nella partecipazione ai gran premi (l’Alfa anche si presentava infatti in livrea rossa). Per la cronaca il bianco era il colore della Germania, il blu della Francia, mentre l’Inghilterra veniva accoppiata al verde. Da allora la Ferrari non ha voluto più abbandonare questo colore.
Rimanendo in tema di colore, abbastanza nota è la ragione per cui la mitica Ferrari 500 TR del 1956 era chiamata semplicemente Testa Rossa: dovuto al fatto che le testate del dodici cilindri erano verniciate completamente di rosso.
La storia della Ferrari, come di tutto l'automobilismo, è costellata anche da tragici avvenimenti. Uno in particolare, per la sua gravità, decretò la fine immediata della Mille Miglia come gara di velocità. Durante questa maratona automobiliostica, nel mantovano, vicino a Guidizzolo, il 12 maggio del 1957 il pilota spagnolo Alfonso de Portago uscì di strada a quasi 300 km/h per lo scoppio del pneumatico anteriore, causando la morte di nove spettatori, fra cui cinque bambini, e perdendo la vita assieme al copilota, il giornalista americano Edmund Gurner Nelson. Quanto accaduto quel giorno provocò una reazione emotiva di ampie dimensioni che portò non solo alla fine della classica competizione ma anche alla messa sotto accusa dello sport automobilistico nel suo complesso. Tutte le gare in Italia furono sospese, da maggio a luglio, con un provvedimento del governo. Per l'incidente provocato dalla Ferrari di De Portago. Enzo Ferrari subì un processo, terminato poi con un'assoluzione piena ma in ogni caso personalmente molto traumatico.
Il motivo per cui Enzo Ferrari venisse chiamato il Drake, come il famoso pirata e vice ammiraglio inglese Sir Francis Drake che si era distinto per la sua forza e determinazione nel combattere durante le battaglie, Ferrari era chiamato così, il Drago appunto, per la sua determinazione nel portare avanti l’azienda e la capacità d’intuire le scelte migliori per la squadra.
Negli anni Sessanta Ferrari cerca un sostegno economico e industriale per la produzione di serie delle sue granturismo. Arriva vicinissimo ad un accordo con la statunitense Ford, ma proprio al momento della firma del contratto Enzo Ferrari scopre, in un allegato, che la sua attività sarebbe stata condizionata all’approvazione di Detroit. Così, in un istante, manda all’aria la trattativa. Poi, il 18 giugno 1969, Enzo Ferrari sigla con Gianni Agnelli ll'accordo Ferrari- FIAT.
Pure il grande Lauda, che era scampato alla morte, si trovò ai ferri corti con il patron della casa di maranello arrivando in piena rottura, che pure si stava aggiudicando il suo secondo titolo mondiale al volante di una vettura del Cavallino, decide di chiamare a Maranello questo giovane canadese venuto quasi dal nulla. L'idea di Ferrari era palesemente quella di dimostrare come i meriti delle vittorie delle sue vetture erano principalmente ascrivibili alle doti tecniche di queste ultime e non tanto a quelle del pilota. Ingaggiando un semi-sconosciuto, avrebbe dimostrato al mondo la validità di questa sua teoria. Detto, fatto e su consiglio di Chris Amon e di Walter Wolf alla fine di agosto, tra lo stupore generale, Gilles viene convocato a Maranello per la firma del contratto. Lo stesso Villeneuve ricorderà così quel momento: "mi chiamò Enzo Ferrari in persona e mi chiese se fossi pronto a correre per la Ferrari. Sulle prime pensai si trattasse di uno scherzo di qualche amico, poi quando mi resi conto che era tutto vero ovviamente risposi di si e mi precipitai in aeroporto il giorno stesso."
Così, in modo quasi rocambolesco ed incredibile, aveva inizio una delle favole più belle della storia dell'automobilismo: quella tra Gilles Villeneuve e la Rossa di Maranello. Ancor più sorprendente sarà peròl'epilogo della relazione tra la Scuderia e Niki Lauda, il quale arriverà addirittura ad abbandonare il Team alla vigilia del terz'ultimo appuntamento della stagione, in programma a Watkins Glen. Abbandono che ovviamente spinge forzatamente in macchina Villeneuve, ancora a digiuno di test con la 312 T2 e privo anche della necessaria conoscenza del tracciato. A riprova di quanto sopra, le gare di Watkins Glen e Mosport si riveleranno alquanto deludenti e caratterizzate anche da diversi inconvenienti di natura tecnica. Peggio ancora andrà però nell'ultima gara, in calendario sul tracciato giapponese del Fuji, dove la vettura di Gilles, a causa di una contatto con la Tyrell di Ronnie Peterson, volerà tra la folla, travolgendo fatalmente alcuni spettatori. La stampa, ed in particolare quella italiana, alimenta la polemica, domandandosi come Enzo Ferrari abbia potuto affidare una propria vettura ad un giovane totalmente privo della necessaria esperienza e, sostengono alcuni, anche del necessario talento. Il Drake, profondo conoscitore delle "umane vicende" e sempre poco avvezzo a prestare ascolto alle critiche, fa però orecchie da mercante e conferma per la stagione successiva la coppia Reutmann-Villeneuve, al volante della nascitura 312 T3. In realtà il Drake si era anche avvalso dei suggerimenti dell'allora direttore sportivo Antonio Tomaini e di Mauro Forghieri, tradizionalmente entrambi poco teneri con i loro piloti i quali, oltre che dalla straordinaria sensibilità di guida del canadese, erano rimasti particolarmente impressionati dalle sue conoscenze tecniche e da quella voglia di comprendere sempre a fondo gli intimi segreti di funzionamento di ogni singolo componente della vettura. "E' un allievo diligente, più passa il tempo e più mi piace", dichiarò infatti Tomaini ad inizio stagione, subito seguito a ruota dallo stesso Forghieri, il quale gli fece eco dichiarando alla stampa: "Villeneuve è in crescita, in pochissimo tempo è riuscito a fare passi da gigante. Siamo tutti molto soddisfatti di lui, ci darà certamente delle soddisfazioni." L'inizio della stagione '78 non sarà però ancora privo di polemiche, anche a causa di alcuni contatti che Villeneuve stesso ebbe in gara e riguardo ai quali sia Peterson - "quell'uomo è un pericolo pubblico" - che lo stesso Lauda, non gli risparmiarono certo commenti piuttosto sagaci.Gilles era il più amato senza dubbio, e non solo dal pubblico, ma anche dallo stesso Ferrari che in lui rivedeva le gesta ed il cuore del grande Tazio Nuvolari. Così era anche per il resto della squadra e per il suo compagno ed amico Schekter che, un giorno di molti anni dopo, ebbe a dire: "Le corse erano per lui qualche cosa di romantico, eravamo molto amici, facevamo lo stesso lavoro nella stessa squadra, ma avevamo un atteggiamento completamente diverso verso le gare." Un uomo ormai solo e provato dal peso del dolore e degli anni, meglio di tutti gli altri sintetizzerà l'esistenza di quella che è stata soprannominata la "cometa Gilles".
Diverse sciagure (sportive) sono legate alla Ferrari. Ma i due momenti più bui e neri combaciano con il grave incidente che incorse nel ‘76 Niki Lauda sul vecchio tracciato del Nurburgring, dal quale il pilota austriaco usci vivo (dopo essere stato tanto tra la vita e la morte) ma segnato, oltre che nel fisico, per sempre; e con la morte nel 1982, durante le prove del GP del Belgio a Zolder, del pilota più amato dal Grande Vecchio e da tutti i ferraristi: Gil Villeneuve.
Quell'uomo ebbe a dire: "Villeneuve, con il suo temperamento, conquistò subito le folle e ben presto divento Gilles! Si, c'è chi lo ha definito "aviatore" e chi lo valutava svitato, ma con la sua generosità, con il suo ardimento, con la capacità "distruttiva" che aveva nel pilotare le macchine macinando semiassi, cambi di velocità, frizioni, freni, ci insegnava cosa bisognasse fare perché un pilota potesse difendersi in un momento imprevedibile, in uno stato di necessità. E' stato un campione di combattività e ha regalato, ha aggiunto tanta notorietà alla Ferrari. Io gli volevo bene. Quell'uomo era Enzo Ferrari.
La "Scuderia Ferrari" è attiva nel campionato del mondo di Formula 1 fin dalla sua istituzione, e ne ha vinto 15 volte il titolo piloti e 16 volte quello costruttori.La conversione di Ferrari pilota e direttore di scuderia sportiva in industriale dell'automobile fu stimolata dall'amicizia-competizione con Adolfo Orsi, proprietario della Maserati, e soprattutto con Vittorio Stanguellini, il modenese che alla fine degli anni quaranta dominava i circuiti del mondo con le auto Fiat abilmente modificate. Testimonianze modenesi attestano che Ferrari si sarebbe avvalso dell'esperienza delle officine di Stanguellini usufruendo anche di tecnici dell'amico-avversario.Ferrari fu insignito di molti titoli, ma quello di cui più si vantava era quello di "ingegnere meccanico", datogli ad honorem nel 1960 dall'Università di Bologna. Inoltre, nel 1988 gli fu conferita anche la laurea honoris causa in "Fisica" dall'Università di Modena e Reggio Emilia. Il 4 giugno del 1988 Giovanni Paolo II visita gli stabilimenti Ferrari. Enzo Ferrari è malato e non può partecipare di persona all’incontro anche se lo desiderava da tempo; avrà con il Pontefice solo un colloquio telefonico. Il Papa, al di fuori da ogni protocollo, chiede che gli venga fornita un'automobile Ferrari per salutare i fedeli raccoltisi lungo la pista di Fiorano. Il suo desiderio viene rapidamente esaudito e l’immagine del Papa a bordo della rossa fa in poche ore il giro del mondo. Il 14 agosto del 1988 a Maranello muore Enzo Ferrari, il creatore della “rossa”, simbolo dell’Italia che vince, l’uomo che ha imposto il mito del cavallino rampante, il brand italiano più conosciuto nel mondo. Commendatore, cavaliere del Lavoro, due lauree honoris causa, una sequela di successi, nove vittorie al campionati del mondo, ma anche una vita costellata da grandi dolori e da continue perdite, in primo luogo quella del figlio primogenito Dino, malato di distrofia muscolare e scomparso prematuramente a 24 anni, nel 1956. (Alla sua memoria Enzo Ferrari dedicherà, una delle più celebri vetture dell’azienda, la Ferrari-Dino). La notizia della sua morte, seguendo le sue volontà, fu divulgata solo ad esequie avvenute. Il funerale si svolse in forma strettamente privata, senza corteo e alla presenza dei soli amici e parenti più intimi.
“Soddisfare una mia ansia realizzatrice”; così Enzo Ferrari rispondeva a chi gli domandava quale fosse stato il primo motore della sua intensa e appassionata attività. Durante il periodo della sua conduzione, dal 1947 al 1988, la Ferrari ha riportato in tutto il mondo oltre 5000 vittorie sportive e conquistato 25 titoli mondiali in tutte le categorie delle corse automobilistiche.
Anni dopo, la moglie di Gilles ebbe da dire la sua in merito alla sofferenza patita.
Gilles Villeneuve ingelosi' persino Enzo Ferrari: un rapporto che pareva meraviglioso s' incrino' , il divorzio venne deciso ma non fu consumato. In un triste pomeriggio del maggio 1982, Gilles s' impenno' sulla pista belga di Zolder e mori' com' era vissuto in pista: volando. Sotto la cenere covava pero' l' eredita' della dinastia Villeneuve. Il fratello Jacques, che correva ai tempi di Gilles, non riusci' a emergere: era un mediocre corridore di Formula Atlantic e resto' mediocre anche quando provo' in Formula Indy. Ma in Europa stava crescendo un altro Villeneuve, anch' egli di nome Jacques: il figlio di Gilles, con la stessa voglia di vincere il titolo mondiale della F. 1. Prima corsa a 17 anni, licenza presa ad Andorra, con un' Alfa 33. Poi la Formula 3 in Italia e in Giappone, infine la Formula Indy, dove quest' anno sta spopolando. Al confine delle avventure dei Villeneuve, quasi a circoscriverle tutte, c' e' sempre stata una donna dolce e fragile, moglie e madre: Joanna. Il giorno in cui mori' Gilles, non maledi' le auto da corsa ma per anni covo' il proprio dolore nel petto. E non maledi' ne' dispenso' veti il giorno in cui Jacques si mise la tuta e comincio' la carriera. Lei vive a Montecarlo, e aspetta vicino al telefono oppure al cancello. Forse e' in arrivo Jacques da una delle tante piste d' America (domenica correra' a Fort Lauderdale) oppure Melanie, patita delle moto, e studentessa di musica a New York. Aspetta e trema, Joanna. "Si' , inutile nasconderlo . rivela con un sorriso dolce .: quando correva Gilles io avevo una paura del diavolo; oggi con Jacques le cose vanno allo stesso modo. Ma a che serve avere paura? A niente. Padre e figlio hanno scelto la strada che hanno voluto, impedirglielo sarebbe follia". Il figlio di Gilles. Perche' non la Ferrari? Joanna sorride: "Se il padre fosse stato vivo, avrebbe fatto sicuramente di tutto per indirizzarlo verso Maranello. Ma, cosi' , e' Jacques che ha scelto. Magari alla Ferrari sono contenti di avere solo Schumacher, oppure il tedesco non avrebbe gradito un cognome che i tifosi delle "rosse" amano svisceratamente. Oppure la Williams e' un segno del destino, nel senso che le cose devono arrivare da sole. Tutti i tifosi lo aspettavano alla Ferrari, magari anche Jacques l' avrebbe voluto. Ma non si possono fare paragoni con quel che avrebbe fatto il padre. Puo' darsi che per Jacques, adesso, vada bene cosi' ". Quando si decide, si puo' chiedere alla mamma: Jacques l' ha fatto? "Abbiamo parlato un pochino . confessa Joanna .. Mi ha detto che c' erano delle proposte, che nulla era firmato. Quando l' ingaggio della Williams e' stato ufficiale sono stata contenta. Jacques coronava un sogno, raggiungeva il traguardo per cui ha tanto lottato". Due piloti Villeneuve, due piloti diversi. "Gilles e Jacques sono due caratteri differenti . spiega Joanna ., e guidano in modo differente. Mio figlio e' piu' riflessivo del padre, piu' stratega. Io penso che andra' bene". Sospira, la signora Villeneuve: forse pensa che il figlio potra' vincere quel titolo che al padre sfuggi' nel ' 79, nonostante tre vittorie e quattro secondi posti, e che fu vinto da Jody Scheckter, ultimo pilota iridato di Maranello. Joanna Villeneuve sembra indovinare il pensiero: "Gilles non riusci' mai a vincere il titolo. Ma Jacques ce la fara' , ha talento e volonta' ".
 

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