ANNO
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VINCITORE
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PILOTA
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PAESE
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1950
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Giuseppe Farina
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1951
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Juan Manuel Fangio
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1952
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Alberto Ascari
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1953
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Alberto Ascari
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1954
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Juan Manuel Fangio
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1955
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Juan Manuel Fangio
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1956
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Juan Manuel Fangio
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1957
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Juan Manuel Fangio
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1958
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Mike Hawthorn
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1959
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Jack Brabham
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1960
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Jack Brabham
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1961
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Phil Hill
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1962
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Graham Hill
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1963
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Jim Clark
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1964
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John Surtees
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1965
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Jim Clark
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1966
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Jack Brabham
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1967
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Denny Hulme
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1968
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Graham Hill
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1969
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Jackie Stewart
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1970
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Jochen Rindt
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1971
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Jackie Stewart
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1972
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Emerson Fittipaldi
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1973
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Jackie Stewart
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1974
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Emerson Fittipaldi
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1975
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Niki Lauda
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1976
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James Hunt
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1977
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Niki Lauda
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1978
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Mario Andretti
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1979
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Jody Scheckter
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1980
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Alan Jones
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1981
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Nelson Piquet
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1982
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Keke Rosberg
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1983
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Nelson Piquet
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1984
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Niki Lauda
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1985
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Alain Prost
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1986
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Alain Prost
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1987
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Nelson Piquet
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1988
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Ayrton Senna
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1989
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Alain Prost
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1990
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Ayrton Senna
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1991
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Ayrton Senna
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1992
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Nigel Mansell
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1993
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Alain Prost
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1994
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Michael Schumacher
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1995
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Michael Schumacher
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1996
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Damon Hill
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1997
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Jacques Villeneuve
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1998
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Mika Hakkinen
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1999
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Mika Hakkinen
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2000
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Michael Schumacher
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2001
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Michael Schumacher
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2002
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Michael Schumacher
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2003
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Michael Schumacher
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2004
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Michael Schumacher
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2005
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Fernando Alonso
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2006
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Fernando Alonso
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2007
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Kimi Raikkonen
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2008
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Lewis
Hamilton
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ANNO
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MARCHIO
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PAESE
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1950
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1951
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1952
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1953
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1954
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1955
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1956
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1957
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1958
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1959
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1960
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1961
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1962
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1963
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1964
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1965
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1966
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1967
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1968
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1969
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1970
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1971
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1972
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1973
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1974
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1975
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1976
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1977
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1978
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1979
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1980
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1981
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1982
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1983
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1984
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1985
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1986
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1987
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1988
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1989
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1990
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1991
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1992
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1993
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1994
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1995
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1996
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1997
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1998
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1999
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2000
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2001
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2002
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2003
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2004
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2005
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2006
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2007
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2008
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Enzo Ferrari
Cav. Enzo Anselmo Ferrari
OMRI (Modena, 18 febbraio 1898 – Maranello, 14 agosto 1988)
fu un pilota automobilistico e imprenditore italiano,
fondatore della casa automobilistica che porta il suo nome,
la cui sezione sportiva, la Scuderia Ferrari, conquistò, lui
vivente, 9 campionati del mondo piloti di Formula 1 e 15
totali.Enzo Ferrari nacque a Modena il 18 febbraio 1898 ma,
a seguito di un'intensa bufera di neve che bloccò tutte le
strade, la sua nascita fu registrata dal padre Alfredo con
due giorni di ritardo. La famiglia Ferrari sperava in una
figlia femmina, visto che l'erede designato era il
primogenito Alfredo Junior detto Dino. La madre Adalgisa
Bisbini era originaria di Forlì, mentre il padre Alfredo era
di Carpi in provincia di Modena. Enzo Ferrari era un ragazzo
come molti altri, il suo sport preferito fu l’atletica
leggera, poi passò al tiro a segno e successivamente alla
scherma ed al pattinaggio, ma a sconvolgere tutti gli
equilibri familiari fu l’improvvisa morte del padre per una
polmonite nel 1926, e lo stesso anno anche il fratello Dino
perse la vita a causa di una grave infezione contratta
durante il servizio militare. Da quel momento Enzo imparò a
cavarsela da solo ed anche a fare i conti con la solitudine.
Da ragazzo Nel 1917 partì per fare il soldato e fu
assegnato alla terza artiglieria di Mantova e qui cominciò a
mettere a frutto la sua grande passione: quella per i
motori. Purtroppo la sua permanenza in città fu molto breve
in quanto contrasse la stessa infezione di suo fratello ma,
dopo due interventi chirurgici, riuscì a salvarsi e fu in
grado di cercarsi un lavoro. Durante l’inverno del 1918
decise di recarsi a Torino per cercare un lavoro presso la
FIAT, ottenendo un rifiuto; e fu solo grazie al suo impegno,
che riuscì a trovare un modesto impiego presso un'officina
nella quale venivano trasformati autocarri leggeri in
autotelai da carrozze. Il compito di Ferrari era quello di
provarli e consegnarli alla carrozzeria Italo-Argentina di
Milano. Fu proprio nella capitale lombarda che conobbe Ugo
Sivocci, un ragazzo che lavorava alla CMN (Costruzioni
Meccaniche Nazionali) e ben presto, i due divennero amici
inseparabili. Ferrari passò a lavorare alla CMN divenendone
il collaudatore ufficiale, ma lasciò anche questo posto per
approdare, nel 1919, all'alfa. Cominciò anche a correre ma
con scarso successo. Nel 1920 iniziò a correre con l'Alfa
Romeo, che all'epoca era un club per gentlemen driver.
Correndo a Ravenna, nel 1923, la madre di Francesco Baracca,
contessa Paolina Biancoli, gli consegnò il simbolo che il
leggendario aviatore portava sulla carlinga: un cavallino
rampante e gli disse: «Ferrari, metta sulle sue macchine il
cavallino rampante del mio figliolo. Le porterà fortuna».
Solo nel 1932 questo simbolo apparirà sulla carrozzeria
delle sue vetture. Nel 1924 Enzo Ferrari vinse la coppa
Acerbo a Pescara, vinse nel circuito del Polesine e al
circuito del Savio e dedicò tutte e tre le sue vittorie a
Sivucci morto l’anno precedente sul circuito di Monza. Dirà
in seguito: "Tra tutte le gare alle quali ho partecipato,
ricordo con particolare soddisfazione la mia vittoria a
Pescara nel 1924 con una Alfa Romeo RL. Con questa vettura
avevo già vinto a Ravenna sulla pista di Savio ed a Rovigo
sulla pista del Polesine, ma è stato alla Coppa Acerbo che è
iniziata la mia fama come pilota. Fui infatti in grado di
battere le Mercedes che arrivavano dal successo alla Targa
Florio". Non corse molte altre gare, ma il primo passo verso un
rafforzamento del reparto corse della fabbrica milanese fu
il trasferimento dalla Fiat all’Alfa Romeo di Luigi Bazzi,
un preziosissimo tecnico che Ferrari definiva “autentico
talento”. E fu sempre Ferrari a sollecitare un altro
rapimento di tutto rispetto: quello di Vittorio Jano che
lavorava alla Fiat. Resterà per sempre un mistero, in quanto Ferrari negli anni
seguenti non volle mai sollevare il velo su tale episodio,
la sua rinuncia al GP d'Europa del 1924 a Lione,
ufficialmente per motivi di salute, in cui avrebbe dovuto
confrontarsi con Ascari, Campari e Wagner, gli altri tre
piloti che portavano in gara vetture Alfa Romeo ufficiali.
Competizione di rilievo internazionale che gli offriva la
possibilità di affermarsi definitivamente come pilota
automobilistico e certamente la più importante tra quelle a
cui ebbe modo di partecipare. Il 18 luglio 1924 partecipa al
primo giorno di prove del Gran Premio d'Europa poi rientra
in Italia senza disputare la corsa. Al suo rientro alle
competizioni, nel 1927, prese parte solo a gare di rilievo
locale. Passarono gli anni e divenne sempre più forte la sua
posizione di manager e non più di pilota-meccanico e, nel
contempo, aumentava la sua diffidenza e il suo punzecchiare
i propri piloti al fine di portarli a dare il
massimo.divenne essenzialmente ciò che oggi si direbbe un
team manager con l'Alfa Romeo e la collaborazione si
protrasse fino al 1929, anno in cui nacque la Scuderia
Ferrari come squadra corse dell'Alfa stessa.Ferrari gestiva
lo sviluppo delle vetture Alfa, e costruì un team di oltre
40 piloti, tra cui Alberto Ascari, Giuseppe Campari e Tazio
Nuvolari. Lo scudetto della casa è giallo sovrastato dal tricolore e
con al centro un cavallo nero rampante. Molti ormai sanno
che il cavallo è lo stesso che il nostro eroe e asso
dell’aviazione Francesco Baracca usava sulla carlinga del
suo aereo durante la I Guerra Mondiale. Alla caduta dello
stesso, la madre volle donare questo emblema a Enzo Ferrari
che si affezionò allo stesso usandolo appunto come proprio
stemma. Il fatto, invece, meno noto è il campo giallo dello
scudo: le ragioni sono legate al fatto che il colore di
Modena (dove il commendatore era nato) è appunto il giallo. La carriera di Enzo si concluse nel 1931 con l'arrivo del
suo primo figlio Dino di cui ebbe a dire: "Quando la vita mi
mise di fronte al fatto compiuto, a mio figlio, fui indotto
alla meditazione. Mio figlio poteva contare su un modesto
benessere, frutto della mia complessa attività. Ma mio
figlio aveva il diritto di aspettarsi da me anche altro". Il suo amore e allo stesso tempo la sua paura per la
velocità lo portarono lontano dalle piste, fuori dalle auto,
tranne che In una occasione Ferrari è il passeggero del
grande Nuvolari. Alla gara sul circuito delle Tre Province
Nuvolari è in difficoltà perché non conosce il circuito.
Chiede quindi a Ferrari di accompagnarlo come copilota, e
questi accetta. Quello che segue è il suo resoconto. "Alla
prima curva abbi la netta sensazione che Tazio l’avesse
presa male e che saremmo finiti nel fosso. Mi irrigidii ed
aspettai lo schianto. Incredibilmente ci trovammo oltre la
curva con la vettura perfettamente in carreggiata. Lo
guardai. Il suo volto duro era calmo, come sempre, e
certamente non aveva la faccia di qualcuno che ha appena
preso una paura da far rizzare i capelli. Ebbi la stessa
sensazione alla seconda curva. Verso la quarta o quinta
curva cominciai a capire. La prima cosa che notai fu che,
per tutta la percorrenza della curva, Tazio non staccava mai
il piede dall’acceleratore che rimaneva sempre a tavoletta.
Curva dopo curva, scoprii il suo segreto: Nuvolari impostava
la curva prima di quanto non avessi fatto io secondo il mio
stile di guida; la differenza era che entrava in curva in
maniera proprio totalmente diversa da chiunque altro io
abbia mai visto. Con un movimento allineava il muso della
vettura al cordolo interno, proprio dove iniziava la curva.
Il suo piede rimaneva comunque giù e lui scalava nella
marcia giusta per avere il massimo dell’accelerazione. In
questo modo dava alla vettura la direzione con tutte e
quattro le ruote sfruttando come accelerazione, oltre a
quella delle ruote motrici, anche la forza centrifuga.
Durante la curva la vettura sfiorava il bordo interno e, al
termine, la vettura era già dritta e pronta a sfruttare al
massimo l’accelerazione del motore, senza bisogno di nessuna
correzione." Ferrari ammettè onestamente di aver provato questa tecnica,
dopo averla vista fare da Nuvolari innumerevoli volte, "ma
ogni volta che entravo in una curva mi sembrava di salire
sulle montagne russe." Dopo di lui, nessuno portò più il Drake su una macchina e si
successero moltissimi piloti, legati tutti tra loro da
disastri e morti che si trascinava dietro, dentro di se,
anche la parte da uomo, quella umana, quella che nascondeva
gli occhi tristi per il dolore dietro a dei grandi occhiali
da sole, anche il signor Ferrari soffriva la perdita dei
suoi piloti come, e avolte più, dei loro stessi parenti. Ferrari stesso continuò a correre fino alla nascita, nel
1932, del figlio Alfredo, detto Dino, che morì nel 1956 di
distrofia muscolare. In seguito ebbe un altro figlio, Piero,
nato nel 1944 da Lina Lardi.La crisi economica nel 1933
portò l'Alfa Romeo a ritirarsi fino al 1937; nel 1935 firma
per la Scuderia Ferrari il pilota francese Rene Dreyfus che
prima guidava per la Bugatti. Egli è colpito dalla
differenza tra il suo vecchio team e la Scuderia Ferrari e
ne parla così: "La differenza tra il far parte del team
Bugatti rispetto alla Scuderia Ferrari è come tra il giorno
e la notte. Con Ferrari ho imparato l'arte degli affari
nelle corse, perché non c'è dubbio che Ferrari è un
grandissimo affarista. Enzo Ferrari ama le corse, su questo
non ci piove. Ciononostante riesce a stemperare tutto per la
persecuzione del suo fine che è quello di costruire un
impero finanziario. Io sono sicuro che un giorno diventerà
un grand'uomo, anche se le vetture che dovesse mandare in
pista un giorno non portassero più il suo nome". Poco dopo Ferrari si ritirò e creò l'Auro Avio Costruzioni (AAC)
con sede a Modena. A causa della guerra, per paura dei
bombardamenti, nel 1943 Enzo Ferrari trasferì l' AAC nel suo
nuovo stabilimento di Maranello. Dopo la guerra Ferrari creò
la "La Scuderia Ferrari", la sezione sportiva della Casa
automobilistica Ferrari, che era esistente fin dal 1930 ma
che fu costituita in ragione sociale dal 1947, e che è
attualmente la più nota squadra del mondo automobilistico
sportivo.La prima gara disputata fu il Gran Premio di Monaco
nel 1947 (non esisteva ancora la Formula 1 che nacque nel
1950). La prima vittoria in F1 fu il Gran Premio di Gran
Bretagna del 1951. Il primo titolo mondiale di F1 giunse nel
1952 con Ascari. Parlando di Ferrari si associa subito il colore rosso.per il
fatto che è il colore ufficiale dell’Italia nella
partecipazione ai gran premi (l’Alfa anche si presentava
infatti in livrea rossa). Per la cronaca il bianco era il
colore della Germania, il blu della Francia, mentre
l’Inghilterra veniva accoppiata al verde. Da allora la
Ferrari non ha voluto più abbandonare questo colore. Rimanendo in tema di colore, abbastanza nota è la ragione
per cui la mitica Ferrari 500 TR del 1956 era chiamata
semplicemente Testa Rossa: dovuto al fatto che le testate
del dodici cilindri erano verniciate completamente di rosso. La storia della Ferrari, come di tutto l'automobilismo, è
costellata anche da tragici avvenimenti. Uno in particolare,
per la sua gravità, decretò la fine immediata della Mille
Miglia come gara di velocità. Durante questa maratona
automobiliostica, nel mantovano, vicino a Guidizzolo, il 12
maggio del 1957 il pilota spagnolo Alfonso de Portago uscì
di strada a quasi 300 km/h per lo scoppio del pneumatico
anteriore, causando la morte di nove spettatori, fra cui
cinque bambini, e perdendo la vita assieme al copilota, il
giornalista americano Edmund Gurner Nelson. Quanto accaduto
quel giorno provocò una reazione emotiva di ampie dimensioni
che portò non solo alla fine della classica competizione ma
anche alla messa sotto accusa dello sport automobilistico
nel suo complesso. Tutte le gare in Italia furono sospese,
da maggio a luglio, con un provvedimento del governo. Per
l'incidente provocato dalla Ferrari di De Portago. Enzo
Ferrari subì un processo, terminato poi con un'assoluzione
piena ma in ogni caso personalmente molto traumatico. Il motivo per cui Enzo Ferrari venisse chiamato il Drake,
come il famoso pirata e vice ammiraglio inglese Sir Francis
Drake che si era distinto per la sua forza e determinazione
nel combattere durante le battaglie, Ferrari era chiamato
così, il Drago appunto, per la sua determinazione nel
portare avanti l’azienda e la capacità d’intuire le scelte
migliori per la squadra. Negli anni Sessanta Ferrari cerca un sostegno economico e
industriale per la produzione di serie delle sue
granturismo. Arriva vicinissimo ad un accordo con la
statunitense Ford, ma proprio al momento della firma del
contratto Enzo Ferrari scopre, in un allegato, che la sua
attività sarebbe stata condizionata all’approvazione di
Detroit. Così, in un istante, manda all’aria la trattativa.
Poi, il 18 giugno 1969, Enzo Ferrari sigla con Gianni
Agnelli ll'accordo Ferrari- FIAT. Pure il grande Lauda, che era scampato alla morte, si trovò
ai ferri corti con il patron della casa di maranello
arrivando in piena rottura, che pure si stava aggiudicando
il suo secondo titolo mondiale al volante di una vettura del
Cavallino, decide di chiamare a Maranello questo giovane
canadese venuto quasi dal nulla. L'idea di Ferrari era
palesemente quella di dimostrare come i meriti delle
vittorie delle sue vetture erano principalmente ascrivibili
alle doti tecniche di queste ultime e non tanto a quelle del
pilota. Ingaggiando un semi-sconosciuto, avrebbe dimostrato
al mondo la validità di questa sua teoria. Detto, fatto e su
consiglio di Chris Amon e di Walter Wolf alla fine di
agosto, tra lo stupore generale, Gilles viene convocato a
Maranello per la firma del contratto. Lo stesso Villeneuve
ricorderà così quel momento: "mi chiamò Enzo Ferrari in
persona e mi chiese se fossi pronto a correre per la
Ferrari. Sulle prime pensai si trattasse di uno scherzo di
qualche amico, poi quando mi resi conto che era tutto vero
ovviamente risposi di si e mi precipitai in aeroporto il
giorno stesso." Così, in modo quasi rocambolesco ed incredibile, aveva
inizio una delle favole più belle della storia
dell'automobilismo: quella tra Gilles Villeneuve e la Rossa
di Maranello. Ancor più sorprendente sarà peròl'epilogo
della relazione tra la Scuderia e Niki Lauda, il quale
arriverà addirittura ad abbandonare il Team alla vigilia del
terz'ultimo appuntamento della stagione, in programma a
Watkins Glen. Abbandono che ovviamente spinge forzatamente
in macchina Villeneuve, ancora a digiuno di test con la 312
T2 e privo anche della necessaria conoscenza del tracciato.
A riprova di quanto sopra, le gare di Watkins Glen e Mosport
si riveleranno alquanto deludenti e caratterizzate anche da
diversi inconvenienti di natura tecnica. Peggio ancora andrà
però nell'ultima gara, in calendario sul tracciato
giapponese del Fuji, dove la vettura di Gilles, a causa di
una contatto con la Tyrell di Ronnie Peterson, volerà tra la
folla, travolgendo fatalmente alcuni spettatori. La stampa,
ed in particolare quella italiana, alimenta la polemica,
domandandosi come Enzo Ferrari abbia potuto affidare una
propria vettura ad un giovane totalmente privo della
necessaria esperienza e, sostengono alcuni, anche del
necessario talento. Il Drake, profondo conoscitore delle
"umane vicende" e sempre poco avvezzo a prestare ascolto
alle critiche, fa però orecchie da mercante e conferma per
la stagione successiva la coppia Reutmann-Villeneuve, al
volante della nascitura 312 T3. In realtà il Drake si era
anche avvalso dei suggerimenti dell'allora direttore
sportivo Antonio Tomaini e di Mauro Forghieri,
tradizionalmente entrambi poco teneri con i loro piloti i
quali, oltre che dalla straordinaria sensibilità di guida
del canadese, erano rimasti particolarmente impressionati
dalle sue conoscenze tecniche e da quella voglia di
comprendere sempre a fondo gli intimi segreti di
funzionamento di ogni singolo componente della vettura. "E'
un allievo diligente, più passa il tempo e più mi piace",
dichiarò infatti Tomaini ad inizio stagione, subito seguito
a ruota dallo stesso Forghieri, il quale gli fece eco
dichiarando alla stampa: "Villeneuve è in crescita, in
pochissimo tempo è riuscito a fare passi da gigante. Siamo
tutti molto soddisfatti di lui, ci darà certamente delle
soddisfazioni." L'inizio della stagione '78 non sarà però
ancora privo di polemiche, anche a causa di alcuni contatti
che Villeneuve stesso ebbe in gara e riguardo ai quali sia
Peterson - "quell'uomo è un pericolo pubblico" - che lo
stesso Lauda, non gli risparmiarono certo commenti piuttosto
sagaci.Gilles era il più amato senza dubbio, e non solo dal
pubblico, ma anche dallo stesso Ferrari che in lui rivedeva
le gesta ed il cuore del grande Tazio Nuvolari. Così era
anche per il resto della squadra e per il suo compagno ed
amico Schekter che, un giorno di molti anni dopo, ebbe a
dire: "Le corse erano per lui qualche cosa di romantico,
eravamo molto amici, facevamo lo stesso lavoro nella stessa
squadra, ma avevamo un atteggiamento completamente diverso
verso le gare." Un uomo ormai solo e provato dal peso del
dolore e degli anni, meglio di tutti gli altri sintetizzerà
l'esistenza di quella che è stata soprannominata la "cometa
Gilles". Diverse sciagure (sportive) sono legate alla Ferrari. Ma i
due momenti più bui e neri combaciano con il grave incidente
che incorse nel ‘76 Niki Lauda sul vecchio tracciato del
Nurburgring, dal quale il pilota austriaco usci vivo (dopo
essere stato tanto tra la vita e la morte) ma segnato, oltre
che nel fisico, per sempre; e con la morte nel 1982, durante
le prove del GP del Belgio a Zolder, del pilota più amato
dal Grande Vecchio e da tutti i ferraristi: Gil Villeneuve. Quell'uomo ebbe a dire: "Villeneuve, con il suo
temperamento, conquistò subito le folle e ben presto divento
Gilles! Si, c'è chi lo ha definito "aviatore" e chi lo
valutava svitato, ma con la sua generosità, con il suo
ardimento, con la capacità "distruttiva" che aveva nel
pilotare le macchine macinando semiassi, cambi di velocità,
frizioni, freni, ci insegnava cosa bisognasse fare perché un
pilota potesse difendersi in un momento imprevedibile, in
uno stato di necessità. E' stato un campione di combattività
e ha regalato, ha aggiunto tanta notorietà alla Ferrari. Io
gli volevo bene. Quell'uomo era Enzo Ferrari. La "Scuderia Ferrari" è attiva nel campionato del mondo di
Formula 1 fin dalla sua istituzione, e ne ha vinto 15 volte
il titolo piloti e 16 volte quello costruttori.La
conversione di Ferrari pilota e direttore di scuderia
sportiva in industriale dell'automobile fu stimolata
dall'amicizia-competizione con Adolfo Orsi, proprietario
della Maserati, e soprattutto con Vittorio Stanguellini, il
modenese che alla fine degli anni quaranta dominava i
circuiti del mondo con le auto Fiat abilmente modificate.
Testimonianze modenesi attestano che Ferrari si sarebbe
avvalso dell'esperienza delle officine di Stanguellini
usufruendo anche di tecnici dell'amico-avversario.Ferrari fu
insignito di molti titoli, ma quello di cui più si vantava
era quello di "ingegnere meccanico", datogli ad honorem nel
1960 dall'Università di Bologna. Inoltre, nel 1988 gli fu
conferita anche la laurea honoris causa in "Fisica"
dall'Università di Modena e Reggio Emilia. Il 4 giugno del
1988 Giovanni Paolo II visita gli stabilimenti Ferrari. Enzo
Ferrari è malato e non può partecipare di persona
all’incontro anche se lo desiderava da tempo; avrà con il
Pontefice solo un colloquio telefonico. Il Papa, al di fuori
da ogni protocollo, chiede che gli venga fornita
un'automobile Ferrari per salutare i fedeli raccoltisi lungo
la pista di Fiorano. Il suo desiderio viene rapidamente
esaudito e l’immagine del Papa a bordo della rossa fa in
poche ore il giro del mondo. Il 14 agosto del 1988 a
Maranello muore Enzo Ferrari, il creatore della “rossa”,
simbolo dell’Italia che vince, l’uomo che ha imposto il mito
del cavallino rampante, il brand italiano più conosciuto nel
mondo. Commendatore, cavaliere del Lavoro, due lauree
honoris causa, una sequela di successi, nove vittorie al
campionati del mondo, ma anche una vita costellata da grandi
dolori e da continue perdite, in primo luogo quella del
figlio primogenito Dino, malato di distrofia muscolare e
scomparso prematuramente a 24 anni, nel 1956. (Alla sua
memoria Enzo Ferrari dedicherà, una delle più celebri
vetture dell’azienda, la Ferrari-Dino). La notizia della sua
morte, seguendo le sue volontà, fu divulgata solo ad esequie
avvenute. Il funerale si svolse in forma strettamente
privata, senza corteo e alla presenza dei soli amici e
parenti più intimi. “Soddisfare una mia ansia realizzatrice”; così Enzo Ferrari
rispondeva a chi gli domandava quale fosse stato il primo
motore della sua intensa e appassionata attività. Durante il
periodo della sua conduzione, dal 1947 al 1988, la Ferrari
ha riportato in tutto il mondo oltre 5000 vittorie sportive
e conquistato 25 titoli mondiali in tutte le categorie delle
corse automobilistiche. Anni dopo, la moglie di Gilles ebbe da dire la sua in merito
alla sofferenza patita. Gilles Villeneuve ingelosi' persino Enzo Ferrari: un
rapporto che pareva meraviglioso s' incrino' , il divorzio
venne deciso ma non fu consumato. In un triste pomeriggio
del maggio 1982, Gilles s' impenno' sulla pista belga di
Zolder e mori' com' era vissuto in pista: volando. Sotto la
cenere covava pero' l' eredita' della dinastia Villeneuve.
Il fratello Jacques, che correva ai tempi di Gilles, non
riusci' a emergere: era un mediocre corridore di Formula
Atlantic e resto' mediocre anche quando provo' in Formula
Indy. Ma in Europa stava crescendo un altro Villeneuve,
anch' egli di nome Jacques: il figlio di Gilles, con la
stessa voglia di vincere il titolo mondiale della F. 1.
Prima corsa a 17 anni, licenza presa ad Andorra, con un'
Alfa 33. Poi la Formula 3 in Italia e in Giappone, infine la
Formula Indy, dove quest' anno sta spopolando. Al confine
delle avventure dei Villeneuve, quasi a circoscriverle
tutte, c' e' sempre stata una donna dolce e fragile, moglie
e madre: Joanna. Il giorno in cui mori' Gilles, non maledi'
le auto da corsa ma per anni covo' il proprio dolore nel
petto. E non maledi' ne' dispenso' veti il giorno in cui
Jacques si mise la tuta e comincio' la carriera. Lei vive a
Montecarlo, e aspetta vicino al telefono oppure al cancello.
Forse e' in arrivo Jacques da una delle tante piste d'
America (domenica correra' a Fort Lauderdale) oppure
Melanie, patita delle moto, e studentessa di musica a New
York. Aspetta e trema, Joanna. "Si' , inutile nasconderlo .
rivela con un sorriso dolce .: quando correva Gilles io
avevo una paura del diavolo; oggi con Jacques le cose vanno
allo stesso modo. Ma a che serve avere paura? A niente.
Padre e figlio hanno scelto la strada che hanno voluto,
impedirglielo sarebbe follia". Il figlio di Gilles. Perche'
non la Ferrari? Joanna sorride: "Se il padre fosse stato
vivo, avrebbe fatto sicuramente di tutto per indirizzarlo
verso Maranello. Ma, cosi' , e' Jacques che ha scelto.
Magari alla Ferrari sono contenti di avere solo Schumacher,
oppure il tedesco non avrebbe gradito un cognome che i
tifosi delle "rosse" amano svisceratamente. Oppure la
Williams e' un segno del destino, nel senso che le cose
devono arrivare da sole. Tutti i tifosi lo aspettavano alla
Ferrari, magari anche Jacques l' avrebbe voluto. Ma non si
possono fare paragoni con quel che avrebbe fatto il padre.
Puo' darsi che per Jacques, adesso, vada bene cosi' ".
Quando si decide, si puo' chiedere alla mamma: Jacques l' ha
fatto? "Abbiamo parlato un pochino . confessa Joanna .. Mi
ha detto che c' erano delle proposte, che nulla era firmato.
Quando l' ingaggio della Williams e' stato ufficiale sono
stata contenta. Jacques coronava un sogno, raggiungeva il
traguardo per cui ha tanto lottato". Due piloti Villeneuve,
due piloti diversi. "Gilles e Jacques sono due caratteri
differenti . spiega Joanna ., e guidano in modo differente.
Mio figlio e' piu' riflessivo del padre, piu' stratega. Io
penso che andra' bene". Sospira, la signora Villeneuve:
forse pensa che il figlio potra' vincere quel titolo che al
padre sfuggi' nel ' 79, nonostante tre vittorie e quattro
secondi posti, e che fu vinto da Jody Scheckter, ultimo
pilota iridato di Maranello. Joanna Villeneuve sembra
indovinare il pensiero: "Gilles non riusci' mai a vincere il
titolo. Ma Jacques ce la fara' , ha talento e volonta' ".
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CAMPIONE 2008

Lewis
Hamilton
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